Urban gardens are an opportunity for socialising
29 July 2014 — 1 minutes read
Sono docente di Design degli Interni e di Product Service System Design e ricercatore nei team di dHOC – Design for Hospitable cities e POLIMI DESIS Lab – Design for social Innovation and sustainability Mi occupo di design degli spazi che attivino, aiutino, diano forma ad attività di innovazione sociale. I miei ambiti di ricerca sono legati a soluzioni urbane temporanee (per identificare scenari di utilizzo e conformazione sul lungo termine), interni urbani pubblici (con un focus sull'utilizzo di spazi del settore pubblico - università, biblioteche ecc. - per iniziative sociali), agricoltura urbana (nelle sue forme spaziali e come servizio "dal basso").
Sono poi anche un modo per avere produzione di verdura e di frutta a km zero, tante volte anche a metro zero. Sono anche un luogo di sperimentazione perchè in città non abbiamo quasi mai del terreno coltivabile ma gli orti urbani sono fatti tutti di cassoni, casse e contenitori appoggiati su un terreno esistente e che quindi mette in gioco le competenze anche del progettista.
Stiamo immaginando la creazione di un sistema di challenge annuali per attrarre a Polifactory i migliori talenti appartenenti alle Scuole di Design e Ingegneria, i progetti più interessanti dell'Alta Scuola Politecnica e della Scuola di Dottorato (a partire da Design). Vogliamo far transitare da qui le persone che vogliono mescolare creatività, tecnologia e approccio innovativo alle merci e ai servizi. Senza distinzione tra docenti e studenti. Creando un ambiente unico per fare e apprendere.
In Italia è una situazione in evoluzione, nel Comune di Milano negli ultimi anni sono stati fatti diversi bandi per l'affidamento di appezzamenti per scopi di orti urbani condivisi, quindi non più il pezzo di terreno individuale, ma per un gruppo di persone. Questo segue il trend che in tutta Europa ed extra-Europa sta accadendo. Nei Paesi anglosassoni, per esempio, in Inghilterra ma anche nel cada la tradizione degli orti urbani è molto radicata, già alla fine del secondo dopoguerra ha iniziato a svilupparsi.
La gente reagisce in un modo molto attivo, tant'è che l'orto urbano diventa quasi un pretesto per creare un indotto sociale, una serie di altri eventi di altre attività che beneficiano della comunità che si forma intorno all'orto.